Cordelia fu tutt’altro che un esperimento disordinato

Fonte: Wikipedia

Quando a Firenze nel 1881 Angelo De Gubernatis decise di fondare e dirigere un periodico esclusivamente rivolto alla gioventù femminile italiana in pochi, forse, avranno scommesso sulla durata e remuneratività di una simile impresa. Come ben dimostra l’interessante opera di Karin Bloom Cordelia, 1881-1942. Profilo storico di una rivista per ragazze, lo stesso De Gubernatis sembrò occuparsi della sua creatura in modo incostante e disordinato, ritenendola forse più una necessaria incombenza che una vera e propria attività letteraria in grado di portare lustro al suo nome.
Eppure Cordelia – questo il nome prescelto per la rivista da De Gubernatis in onore della figlia quattordicenne – fu tutt’altro che un esperimento disordinato. Questa nuova rivista, infatti, nacque sull’onda del vigoroso impulso dato alla stampa italiana per l’infanzia e la gioventù da una concomitanza di fattori. Tra di essi spiccavano l’imponente sviluppo tecnologico nel campo dell’editoria, l’aumento dei livelli di alfabetizzazione, il mutamento del tessuto sociale. Il progresso industriale di fine XIX secolo, in particolare, provocò in Italia l’inarrestabile ascesa dei ceti medi. Questa nascente borghesia fece della stampa il fulcro della sua opera di modernizzazione del Paese; ai giornali per l’infanzia e la gioventù nati nel post-unità, in particolare, fu assegnato il compito essenziale di formazione tout court dei giovani rampolli borghesi (gli unici, spesso, a potersi permettere l’acquisto dei costosi giornaletti) allo scopo di costruire una solida identità nazionale fondata sul trinomio Dio, patria e famiglia (Cambi, 1985).
I periodici per l’infanzia e la gioventù sorti in quegli anni furono un prodotto editoriale innovativo e ambizioso, con gli editori ben attenti a diversificare e specializzare i magazines a seconda dell’età del proprio pubblico di riferimento1. Per favorirne la diffusione, editori e direttori puntarono alla fidelizzazione dei propri lettori tramite la creazione di spazi nuovi con cui avvincere la curiosità e l’interesse dei lettori. L’uso delle illustrazioni e (a partire da inizi ʼ900) del colore, la collaborazione degli scrittori più illustri, la promessa di premi allettanti, la creazione della rubrica di posta, l’ampio impiego di feuilleton, la pubblicazione degli scritti inviati dagli abbonati, il variare dei temi trattati furono alcune delle strategie adottate per attrarre i lettori e spingerli ad abbonarli al periodico. La fidelizzazione del lettore se da un lato garantì agli editori un sicuro ritorno economico, dall’altro permise ai direttori e scrittori impegnati nella scrittura per i più giovani di portare avanti una pervasiva campagna di formazione delle nuove generazioni.
1 Negli studi sull’infanzia e la gioventù, in generale, e sulla stampa periodica ad essi rivolta, in particolare, occorre sempre tenere ben presente che il concetto stesso di infanzia e gioventù varia a seconda del contesto storico, sociale e culturale di riferimento. Citando Prout e James: «the immaturity of children is a biological fact of life but the ways in which it is understood and made meaningful is a fact of culture» (James e Prout, 1997, p. 7). Fu sul finire dell’800, in particolare, che le società occidentali ridefinirono i concetti culturali di infanzia e adolescenza separando nettamente questi due periodi di vita e “prolungando” lo stato adolescenziale fin quasi ai vent’anni (Heywood, 2001, pp. 28–30). Da qui la netta separazione, nella stampa italiana, tra i magazines per i bambini e quelli, invece, specificatamente volti alla gioventù.
Fabiana Loparco (Dalarna University), Cordelia e la formazione delle fanciulle nell’Italia unita: tra paternalismo e sisterly editorial voice, Italica Wratislaviensia, 8(1) 2017

[…] L’unico studio finora più completo è quello di Miriam Stival (2000), intitolato Frammenti d’epoca. I dilemmi di Cordelia. Tra tradizione e innovazione. Di impostazione sociologica, ripercorre parallelamente la storia della rivista nei primi trent’anni e la storia delle donne da una prospettiva femminista. Stival presenta Cordelia come un “segno del suo tempo, specchio d’epoca” (2000: 22), e la sua analisi si incentra sulla rivista come agente nel processo di costruzione di un’identità femminile. Stival vede in quello di De Gubernatis un progetto “senza intenzioni rivoluzionarie”, facente parte di quegli “interventi correttivi” della società benpensante volti ad “assegnare confini e direzioni alla cultura femminile” (2000: 28, 32-33) in un’epoca di grande evoluzione del movimento femminile. Se quello di De Gubernatis fu un “intervento metodico, puntiglioso [e] invasivo” (2000: 46), Stival vede un lento processo di apertura nei confronti dell’emancipazione femminile nella Cordelia diretta da Ida Baccini: dall’ottocentesco modello di donna “dignitosamente trincerata dentro le mura domestiche” a “un ideale di donna consapevole delle proprie capacità di agire anche al di fuori della famiglia” (2000: 57, 75) nei primi anni del Novecento. Purtroppo, nonostante la prospettiva femminista, la presentazione dei collaboratori della rivista soffre di alcune imprecisioni e vede le collaboratrici messe paradossalmente in secondo piano <28.
3.2 Studi sulle direttrici: Ida Baccini e Jolanda
La monografia di Bice Marchetti Chini (1954) si concentra su Ida Baccini, sulla sua vita e sui vari aspetti della sua produzione pubblicistica. Marchetti Chini dedica un paragrafo all’attività giornalistica di Baccini, includendo la direzione di Cordelia. Attraverso brani di lettere del carteggio Baccini – De Gubernatis offre delle delucidazioni sul passaggio di direzione, accenna ai collaboratori principali della rivista e ad alcune delle rubriche.
Lo studio di Anna Folli (1999) offre un quadro sommario della direzione di Cordelia da parte di Jolanda, dalla collaborazione iniziale alla morte della direttrice. Folli descrive come Jolanda sia riuscita a instaurare un rapporto stretto con le lettrici utilizzando le rubriche Piccola posta e Palestra delle giovinette <29, per avvicinarsi alle abbonate, incoraggiando al tempo stesso l’associazionismo per avvicinare e legare le abbonate l’una all’altra. Fa parte dello studio un’appendice con alcuni testi presi dalla rubrica Il consiglio materno, esempio del “grande sistema comunicativo” creato dalla direttrice (1999: 31).
Il saggio biografico su Jolanda di Maria Gioia Tavoni (2002) ripercorre le tappe più importanti della vita della scrittrice, dall’infanzia fino al momento in cui assume la direzione di Cordelia, “esperienza che riassume non solo il suo sapere, ma soprattutto la sua forte vocazione di «madre spirituale» ed educatrice” (2002: 126). Volto a evidenziare anche il suo successo e la sua notorietà – l’autrice incomincia con una rassegna della presenza delle opere di Jolanda in varie biblioteche italiane ed europee – lo studio affronta i diversi lati della produzione di Jolanda, dalla saggistica al romanzo per le signorine passando per il giornalismo. Costituisce una fonte indispensabile per studi approfonditi sui vari aspetti dell’attività intellettuale di Jolanda.
Nel volume curato da Pino Boero (2002), è inclusa pure la biografia su Ida Baccini di Carla Ida Salviati (2002), saggio esaustivo che include molti versanti dell’attività di Baccini e che scandaglia sia la sua vita privata, sia la sua vita professionale. Anche Salviati, come Marchetti Chini, dedica un paragrafo a Cordelia, evidenziando il posto importante che occupa nell’intera attività di Baccini; infatti Salviati la definisce “lo specchio più fedele dell’intera produzione letteraria di Ida Baccini” (2002: 64). Nonostante alcune minori inesattezze <30, l’autrice espone in poche pagine un’analisi del lavoro di direzione di Baccini e pubblica brani di lettere fino a quel momento rimaste inedite. Secondo Salviati, Baccini rimane fedele al suo programma originario durante tutti gli anni di direzione, nonostante i passi fatti dal movimento di emancipazione femminile. Infatti, Salviati attribuisce il successo della rivista a tale “schietto pragmatismo”, insieme a due rubriche che definisce “interattive”, cioè la Piccola posta e la Palestra delle giovinette. Lo studio indaga anche sul rapporto di Baccini con i suoi editori, rilevandone degli aspetti interessanti ed essenziali per una ricostruzione dell’attività intellettuale di Baccini.
Un secondo studio di Salviati (2013) affronta l’attività giornalistica di Baccini e il modo in cui la scrittrice intese il suo ruolo di giornalista. Nel sottolineare le capacità imprenditoriali di Baccini e la sua avvedutezza in campo giornalistico, Salviati fa notare la sua sintonia con l’editore di Cordelia, Licino Cappelli, insieme al quale intuisce la “enorme potenzialità che riveste la stampa periodica nel suo tempo” (2013: 18).
Il recente volume di Cini (2014) costituisce un importante contributo per una ricostruzione biobibliografica di Ida Baccini e consiste nella pubblicazione della corrispondenza tra Baccini e vari intellettuali dell’epoca. Le lettere, delle quali la maggior parte era ancora inedita, illustrano molti aspetti della vita di Baccini, tra cui la direzione di Cordelia e il rapporto con De Gubernatis. Il volume contiene inoltre una rassegna della critica bacciniana.
3.3 Gli editori di Cordelia
I due lavori di Sandra Favero, una tesi di laurea <31 e il saggio tratto da questa (1991), hanno come oggetto di studio la casa editrice Cappelli. La ricostruzione dell’attività editoriale della casa editrice nel periodo iniziale (1880–1938) incrocia, seppur in modo sintetico, anche una parte della storia di Cordelia. Fornendo alcune informazioni riguardo l’acquisto di Cordelia da parte dell’editore, Favero riconosce nel giornale il “fulcro di tutta una serie di iniziative di importanza non secondaria per lo sviluppo e l’espansione dell’azienda” (1991: 64) e la più importante delle pubblicazioni femminili della casa editrice. Favero segnala un’iniziativa editoriale legata al periodico: si tratta della collana Biblioteca scelta di Cordelia, trasformatasi nel 1914 in Biblioteca della Signorina, che ebbe notevole successo, pubblicando opere di Jolanda, Rina Maria Pierazzi, Flavia Steno e Willy Dias (Favero 1991: 66).
Nel volume di Gianfranco Tortorelli (2006) si trova un capitolo dedicato alla casa editrice Cappelli, dal quale si possono ricavare informazioni riguardanti Cordelia nel momento in cui viene acquistata dalla casa editrice romagnola. Tortorelli nota un certo disinteresse da parte degli studiosi nei confronti della casa editrice Cappelli, dovuto in parte alla mancanza di un archivio e di un catalogo storici, ma anche a “una certa pigrizia nella ricerca adagiatasi per molto tempo su linee già tracciate dallo stesso Cappelli” (2006: 262) <32. Tortorelli riconosce, come Favero, l’importanza di Cordelia nella produzione della casa editrice e presenta in alcune pagine una sintesi dei primi trent’anni della rivista.
Il saggio di Ombretta Frau (2011a) inserisce l’attività imprenditoriale di Licinio Cappelli in quel settore del mercato che andava sviluppandosi a cavallo tra Otto e Novecento, ovvero la letteratura femminile. Secondo Frau, Cappelli fu un “facilitator” per le scrittrici che si dedicarono al “filone più ‘rispettabile’ della cultura in rosa”, d’altra parte furono proprio queste scrittrici a decretare il successo della sua casa editrice (2011a: 123, 125) […]
28 Stival scrive che “Cordelia vantava la collaborazione di firme eccellenti” (2000: 40) e giustifica la sua affermazione elencando i nomi e le attività di undici uomini – scrittori, pro-fessori, giornalisti, filologi, patrioti, letterati. Termina l’elenco con un accenno piuttosto breve a due delle collaboratrici; “[t]ra le donne, emergevano i nomi di Sofia Albini e di Ida Baccini, futura direttrice di Cordelia” (2000: 41). L’affermazione di Stival è problematica da due punti di vista. In primo luogo, alcuni degli uomini elencati non hanno mai collaborato alla rivista e, sembra, che questi nomi siano stati presi dal programma di De Gubernatis. In secondo luogo, Stival porta alla luce collaboratori maschili saltuari come Arturo Linaker e Augusto Conti che hanno scritto ognuno un articolo per Cordelia trascurando, ad esempio, una collaboratrice come Emilia Mariani che di certo ha avuto un rapporto più continuativo con la rivista (solo nei primi tre anni scrive 22 articoli).
29 L’autrice suggerisce che Jolanda avrebbe reintrodotto le rubriche Palestra delle giovinette e Piccola posta nella rivista (cfr. Folli 1999: 28) mentre le due rubriche in realtà erano presenti anche durante la direzione di Baccini.
30 Salviati elenca tra le scrittrici chiamate da Baccini a collaborare a Cordelia Emma Perodi (1850–1918) e Sofia Bisi Albini (1856–1919). Emma Perodi non scrisse mai su Cordelia, Sofia Bisi Albini invece vi collaborò ma solo nei primi tre anni diretti da Angelo De Gubernatis.
31 Favero, Sandra. Anno accademico 1984–1985. La casa editrice Cappelli. Annali 1918-1930. Tesi di laurea. Università degli Studi di Parma.
32 Ironicamente, Tortorelli stesso indica la data sbagliata, riportata da Licinio Cappelli nelle sue memorie, dell’acquisto del giornale, che secondo l’editore sarebbe avvenuto nel 1882, mentre invece ebbe luogo dieci anni più tardi, nel 1892.
Karin Bloom, Cordelia, 1881-1942. Profilo storico di una rivista per ragazze, Stockholms universitet 2015, Printed in Sweden by Holmbergs, Malmö 2015