Con i tredici della Banda Tom venne ucciso un aviatore militare inglese prigioniero

Un momento della manifestazione svolta in pari data a Casale Monferrato (AL) per onorare la memoria dei caduti partigiani della Banda Tom. Foto: Gabriele Farrello
L’avvocato Sergio Favretto, davanti alla lapide commemorativa dei caduti della Banda Tom, in un altro passaggio del citato evento di Casale Monferrato

[…] A Casale Monferrato, il 15 gennaio 1945, i fascisti casalesi con la collaborazione dei tedeschi occupanti fucilarono dodici giovani partigiani e un militare inglese. Il drammatico evento da sempre è considerato il simbolo storico della Resistenza della città, unito al sacrificio dei ventisette partigiani della Banda Lenti e all’eccidio di Villadeati, con undici vittime civili e il parroco; ai fucilati di Ticineto e molti altri antifascisti, operai, artigiani, contadini, giovani studenti come Grandi, agli ebrei casalesi deportati e annientati in Germania. In tutto il Monferrato furono più di cento le vittime della violenza fascista.
I fatti
La Banda Tom venne catturata in collina, a Casorzo; i partigiani furono trasferiti in città, lungo un percorso non breve, incatenati a piedi nudi, costretti a percorrere viuzze e piazze del centro storico, fino alla Cittadella; nessun processo, ma solo i colpi del fucile e della pistola, per sporcare di sangue la neve fresca sul terreno. Il tutto nel silenzio e nell’inazione della gente, impaurita e incredula. I fascisti, lungo il tragitto, battevano a porte e finestre per invitare a vedere i giovani catturati.
Antonio Olearo (detto Tom) era nato ad Ozzano Monferrato il 6 marzo 1921.
Il padre Pietro era calzolaio, militante socialista. Pure monferrina la madre, Emma Deregibus, nata a Sala Monferrato.
Per anni, Tom fece il garzone fornaio in Borgo Ala, quartiere operaio di Casale; nel periodo bellico fu soldato nel Genio Militare a Casale, poi nella Guardia di Frontiera a Boves.
Dopo l’8 settembre, partecipò in Val Susa alla creazione di una formazione partigiana, scioltasi nell’inverno ’43-’44 perché colpita da ripetuti attacchi fascisti.
Nel primo semestre ’44, Tom organizza nel Monferrato un nucleo di resistenti, sotto l’ispirazione di Alfredo Piacibello, intraprendente antifascista.
Si ubicarono nella frazione Coppi di Cellamonte; il nucleo si dotò di moschetti sottratti a carabinieri, alcune pistole. Pochi mezzi, ma tanta determinazione. La banda dovette agire con interventi improvvisi, ripetuti in più luoghi, istantanei.
Agì fra i comuni di Rosignano Monferrato, Casorzo, Grazzano, Vignale, Altavilla, Sala, Ottiglio, Cellamonte. Dovette autorganizzarsi ed autogestirsi.
Con gli attacchi alle pattuglie tedesche e fasciste si acquisivano armi e munizioni, si destabilizzava il crescente raccordo fra SS, i soldati della Brigata Nera, della G.N.R.
Tom impose una rigida regola organizzativa, di matrice militare. Non tollerò leggerezze, comportamenti gratuitamente violenti, fuori dagli scontri con il nemico.
La banda, all’origine, ebbe il sostegno dei militanti comunisti di Casale; poi aderì alle Brigate Matteotti. Nella fase più acuta, ebbe un organico di 130 partigiani; poteva contare su nuclei volanti, gruppi d’azione per la città, pattuglie di controllo e polizia interna. Con i prigionieri catturati, tentò sempre un dialogo, alla ricerca della comprensione delle differenti scelte compiute.
Dopo una dura azione contro i repubblichini, avvenuta a Casale nel settembre ’44, convinse due prigionieri siciliani a passare con la Resistenza. Si trattava di Giuseppe Augino e Giuseppe Maugeri; vennero poi fucilati, assieme a Tom, alla Cittadella il 15 gennaio successivo.
Rigore e determinazione connotarono la banda Tom, anche nei casi d’inquinamento da pseudo-partigiani. A novembre ’44, durante azioni, fra le colline astigiane, contro i militi della Brigata Nera, alcuni giovani, millantando il nome di Tom, fecero razzia di beni ed alimenti fra la popolazione civile.
Tom intervenne con un gruppo di polizia partigiana, catturò i taglieggiatori e li condannò a morte.
Dopo il proclama del Maresciallo Alexander, comandante delle Forze Alleate nel Mediterraneo, invitante alla tregua per tutto l’inverno, le formazioni partigiane attutirono le azioni di guerriglia.
Il 29 dicembre ’44, una pattuglia di partigiani di Tom fece un’azione dimostrativa a Casale. Nello scontro venne ucciso un ufficiale della Monterosa.
La G.N.R. di Casale arrestò la mamma di Tom; la rinchiuse nelle carceri di Casale. I repubblichini tentarono, così, di acquisire elementi per la cattura della banda, ovvero sperarono nella spontanea consegna di Tom. Già altre volte, i nazifascisti usarono identici metodi persuasivi.
Tom tentò due azioni per liberare la mamma. Non ebbe successo.
Nei primi giorni del ’45, provenendo da Cocconato, Tom ed un gruppo scelto di pochi uomini, si trasferirono a Casorzo. Tom ed il vice-comandante Rizzi Giuseppe, detto Morieta, furono ospiti del sig. Luigi Guarnero. Lasciò una pattuglia di sorveglianza nel paese. I partigiani si distribuirono in varie abitazioni. La G.N.R. e la Brigata Nera, nel frattempo, pianificarono l’attacco che avrebbe dovuto essere risolutivo.
Il capitano Ennio Albano della G.N.R. casalese coordinò le operazioni. All’alba del 14, varie pattuglie procedettero a piedi verso Casorzo. Con accortezza, fortuna e forse qualche segnalazione di compagni, catturarono Tom ed il gruppo partigiano, scrutando, casa dopo casa, finché trovarono le persone nel sonno senza alcuna reazione. Iniziarono dalla cascina detta “Cappellona” e, via per via, fino alla piazza del paese. Fu un episodio atroce, una dinamica irreversibile, senza alcuna opposizione. Solo il partigiano Morieta riuscì a fuggire, gettandosi dal tetto, con un salto di sette metri, dalla casa dove, con Tom, si era nascosto. Come altre volte, Luigi Guarnero li aveva ospitati. Morieta venne poi catturato a Cocconato e fu rinchiuso nelle carceri a Torino, fino alla Liberazione. I partigiani vennero legati, uno ad uno, con catene e funi, filo di ferro. Dovettero percorrere a piedi, sulla neve, dieci chilometri, dall’abitato di Casorzo al Molino della Valle Ghenza. Qui, vennero caricati sui mezzi dei nazifascisti e portati a Casale, nelle carceri. Dopo ore d’interrogatorio, torture e violenze, vennero nuovamente legati e costretti a sfilare per le vie della città, a piedi nudi sulla neve. Lungo via Roma, i fascisti l’indicavano allo spregio dei passanti; al collo di Tom fu posto un cartello con la scritta “Ecco i leoni di Tom”.
Era domenica. Passarono la notte, ancora in carcere. A Tom non fu permesso di salutare la mamma, pure in carcere. Ai partigiani di Tom vennero uniti tre altri prigionieri politici ed un militare inglese, fuggito da un campo di concentramento. I nazifascisti impedirono che Padre Angelo Allara, superiore di Casa del la Missione, portasse loro i conforti religiosi.
Eppure i 13 erano conosciuti, erano sostenuti, ma nessuno osò e si mosse. Assieme ad Antonio Olearo (Tom, 24 anni), vennero uccisi: Augino Giuseppe (22 anni) di Valguarnera (Enna); Boccalatte Alessio (20 anni) di Lu Monferrato; Canterello Aldo (19 anni) di Alessandria; Cassina Luigi (Ginetto, Tarzan 25 anni) di Casale; Cavoli Giovanni (Dinamite, 34 anni) di Solero; Harboyre Harrj, (31 anni) prigioniero britannico ufficiale della RAF; Peracchio Remo (21 anni) di S. Stefano di Montemagno; Maugeri Giuseppe (23 anni)di Siracusa; Portieri Boris (17 anni) di Genova; Santambrogio Luigi (Gigi, 17 anni) di Cesano Maderno; Serretta Carlo (scugnizzo, 17 anni) di Genova; Raschio Giuseppe (21 anni) di Alessandria. Dei catturati a Casorzo, solo il giovanissimo Giovanni Damarco evitò la fucilazione. Fu poi incarcerato a Casale ed Alessandria. Si salvarono anche Pagella Claudio e Giuseppe Sogno, ucciso poi al castello di Tortona.
Le vittime, i giovani partigiani, subirono un torto radicale ed incomprensibile; non furono uccisi in azione, in conflitto, per rappresaglia; vennero uccisi solo per testimoniare l’atrocità e determinazione delle truppe tedesche e la vendetta dei fascisti locali; vennero uccisi per piegare ancor più la città.
Fu un eccidio premeditato e calcolato per colpire e sopprimere ogni velleità di una nuova coscienza civile. La gente comune, i famigliari: ammutoliti per una strage senza senso, all’alba della Liberazione, di fronte alle mille avvisaglie della sconfitta dei nazifascisti. I genitori, gli amici dei partigiani fucilati, a chiedersi la ragione di tanta violenza, di fronte alle salme posate fra la neve e sangue raffermo.
Dal giovanissimo Santambrogio con i suoi 17 anni, ai siciliani Augino e Maugeri (giunti a sostenere la Resistenza al Nord), dall’inglese Harboyre (fatto prigioniero e poi unito a Tom nell’esecuzione) ai partigiani della collina e della pianura, dai semplici operai ai contadini: uno spaccato della società attiva, ma annientata dal fascismo.
A gennaio 1945, mezza Italia era già libera, gli Alleati erano sbarcati al sud e si respirava aria di pace. Da noi, tedeschi ed italiani fascisti hanno ucciso senza senso e ragione, hanno solo ritardato a duro prezzo ciò che era già scritto, la Liberazione.
Non dimentichiamo:

  • siamo a gennaio 1945, mezza Italia è stata liberata dagli Alleati, il Regime è già stato sconfitto.
  • un gruppo di fascisti locali, riorganizzati in squadre nella nuova RSI con la colleganza operativa dei tedeschi occupanti, cattura ed uccide spietatamente la Banda Tom ed alcuni partigiani della zona.
  • all’evento, gli esecutori danno subito una valenza dimostrativa ed intimidatrice; in poche ore, la cattura, il passaggio per le vie della città; offesi, legati, sofferenti; la fucilazione.
  • fascisti e tedeschi fecero tutto in fretta, con determinazione assurda, impedendo ogni intervento esterno di clemenza.
  • in città, non vi era più gente attiva, ma solo anziani e bambini; era un inverno rigidissimo, le condizioni economiche erano gravi per tutti; i tedeschi terrorizzavano ancora dopo l’eccidio di Villadeati, i vari rastrellamenti; i fascisti locali si dimostravano violenti, spregiudicati, spavaldi, continuavano a catturare dissidenti, usavano torture e sevizie.
  • in antecedenza, furono i fascisti locali a fornire ai tedeschi nome e riferimenti per catturare a febbraio 1944 i diciotto ebrei inviati ai campi di concentramento di Fossoli e poi in Germania.
  • in città, gli antifascisti ancora rimasti erano in realtà impossibilitati alla reazione; troppe caserme, troppi fascisti e tedeschi. Le SAP attendevano la liberazione finale; le formazioni partigiane si erano ritirate fra le colline più interne. La comunità ebraica era stata distrutta, con le deportazioni e le catture.
  • l’eccidio della Banda Tom avviene in una città in ginocchio, senza tessuto sociale, ferita in ogni sua componente.
  • il Vescovo Giuseppe Angrisani non ottenne nulla, nessuna clemenza venne assicurata. Fu una fucilazione spietata, gratuita, a gennaio 1945, a pochi mesi dalla Liberazione.
  • i fascisti che li hanno catturati si dimostrarono subito categorici, vendicativi; colpevoli di voler giungere in fretta alla conclusione dell’impresa, per coronare una vendetta senza ragione, inconsapevoli del loro gesto esiziale. La figura del fascista Carlo Fornero, spavaldo, atroce con i famigliari che reclamavano le salme. I fascisti stavano coltivando un’insensata competizione di crudeltà con i tedeschi.
  • i tedeschi che ordinarono l’uccisione: ancora una chiara intenzione punitiva, un gesto esemplare per immediatezza e crudeltà; si volle colpire la città, il dissenso, l’antifascismo locale; si ebbe un disprezzo assoluto della vita; il comandante tedesco di Valenza confermò l’eccidio; il maggiore a Casale, in carcere, impedì a Padre Allara di portare ai condannati il sacramento dell’eucarestia ed il viatico.
  • Padre Allara potè colloquiare, li confessò, portò loro il conforto umano e la solidarietà di un prete amico; si adoperò con coraggio, venne sopportato dai fascisti. I tredici ebbero gli ultimi contatti umani grazie all’intervento di Padre Allara, ma non poterono ricevere l’eucarestia.
  • la gente comune, i famigliari: ammutoliti per una strage senza senso, all’alba della Liberazione, di fronte alle mille avvisaglie della sconfitta dei nazifascisti. I genitori, gli amici dei partigiani fucilati, a chiedersi la ragione di tanta violenza, di fronte alle salme posate fra la neve e sangue raffermo.
  • Rosetta Santambrogio, sorella di Gigi il più giovane partigiano ucciso alla Cittadella, si recò dal fascista Carlo Fornero presso la sede della Brigata Nera per chiedere di seppellire degnamente il fratello, ottenne una lapidaria risposta: “Non meritano una tomba al cimitero, se fosse per noi li butteremmo nel Po”.
    La Banda Tom venne crudelmente uccisa grazie alla decisione dei fascisti locali di imprimere, ormai alla vigilia della Liberazione, un marchio di vendetta alla loro militanza nella RSI. Nella primavera, infatti, era attesa una ripresa dell’attività partigiana e quindi i fascisti ritennero di colpire duro le formazioni partigiane e i rapporti che le medesime stavano tessendo con la popolazione civile.
    Nel 2005, la storia della banda Tom venne rappresentata in un lavoro teatrale e musicale, a forte efficacia, dal gruppo Yo Yo Mundi e da ricercatori di storia locale.
    Con il concerto-recital, si volle riattualizzare la vicenda dell’eccidio della banda Tom, dopo più di sessant’anni.
    Gli autori hanno realizzato un coinvolgente e rigoroso assemblaggio di testi narrativi, lettere, documenti, immagini, testimonianze, legati alla storia della Resistenza nel Monferrato.
    Con questi testi, sono stati contaminati testi e documenti celebri, legati alla Resistenza europea. Il tutto, poi, venne integrato in un contesto musicale di grande effetto, con recupero di brani resistenziali celebri e la nuova composizione Tredici, scritta proprio per ricordare la banda Tom.
    Il concerto-recital degli Yo Yo Mundi ha fornito anche dignità artistica e valenza sociale più ampia ad una vicenda resistenziale, per troppo tempo relegata al localismo.
    L’esperienza partigiana di Tom viene collocata nel pieno del contesto resistenziale piemontese, ma pure in un parallelo confronto con la storia resistenziale francese ed europea.
    In più occasioni, il Collettivo Teatrale di Casale Monferrato, diretto da Graziano Menegazzo e animato da studenti e giovani casalesi, ha riproposto in più versioni e in più interpretazioni le vicende resistenziali del Monferrato. Il Collettivo da anni ricerca e porta in scena protagonisti e fatti che negli anni 43-45 diedero coraggiosamente la svolta al cupo dominio fascista. Non è solo memorialistica, vuol dire invitare un cambiamento radicale.
    Ora, nel 2023, gli istituti superiori Leardi e Balbo realizzano un progetto grafico-documentale e storico, dopo mesi di ricerca e interviste, elaborazioni, con titolo “I giovani e la Resistenza del Monferrato”.
    Ricordo due anni fa, una settimana prima dell’intervento pubblico di gennaio, un gruppo di giovani scouts pose vari fiori sul terreno dove vennero fucilati i partigiani della Banda Tom.
    La Resistenza di Fenoglio e la Banda Tom
    Nel 2022 e 2023 si stanno celebrando i 100 dalla nascita di Beppe Fenoglio, scrittore e partigiano fra Langhe e Monferrato. E’ interessante e fortemente motivante compiere una lettura in parallelo di molti tratti dell’esperienza resistenziale di Fenoglio e la nostra Resistenza, il sacrificio della Banda Tom. Scopriremo molte affinità e coincidenze.
    Fenoglio ebbe da subito il coraggio di scegliere da quale parte stare, non ebbe mai dubbi, sempre fu antifascista assoluto, nell’animo e nella vita; fu ribelle contro ogni sopruso, si battè per la libertà politica, sociale, della cultura, della conoscenza.
    Prima la Resistenza fra le formazioni, poi la scrittura in inglese e poi le varie opere, intese quale azione forte di riscatto anche morale e etico civile. Era un giovane, con prospettive. Anche i nostri tredici partigiani della Banda Tom erano giovani che seppero scegliere, avevano fra i 17 e 25 anni; una vita appena sbocciata, tutta da costruire. Interrotta violentemente dal fucile e pistole di altri italiani e fascisti.
    I fascisti ad Alba arrestarono papà e mamma, fratello e sorella di Fenoglio e li misero in carcere; a Casale, i fascisti arrestarono la mamma di Tom, la trattennero giorni in carcere. Nei mesi antecedenti, sempre i fascisti di Casale arrestarono i medici Guaschino e li obbligarono a dormire in carcere e poi a svolgere servizio in ospedale, per ottenere la consegna del nipote partigiano.
    Con i tredici della Banda Tom venne ucciso un aviatore militare inglese prigioniero; anche nella Resistenza di Fenoglio sono protagoniste le missioni inglesi paracadutate.
    Con la Banda Tom vennero uccisi due siciliani, Augino e Maugeri, che avevano aderito alla Resistenza, come altri partigiani siciliani fecero la Resistenza con Fenoglio nell’Alta Langa.
    Tom era un ex militare che dopo l’8 settembre scelse la Resistenza, come Fenoglio ex militare scelse le formazioni partigiane.
    Nelle pagine di Fenoglio ritroviamo parecchie pagine drammatiche di guerra partigiana, come lo scontro di Valdivilla o la battaglia di Cisterna o di Montemagno, con l’assurdità della violenza fascista proprio come nell’episodio della Banda Tom. Fenoglio, nelle pagine di Ur Partigiano Johnny, menziona l’eccidio di Valenza della Banda Lenti.
    Una lettura in paralleo di Fenoglio e della storia diretta della Banda Tom ci obbliga a capire come la Resistenza fu unica, drammatica ovunque, ma molto affine fra le colline delle Langhe e del nostro Monferrato. Anche per Fenoglio, la Resistenza non fu scelta solo di una parte politica, ma grido di ribellione di molta gente, di una intera collettività, di giovani e genitori, di studenti e docenti, di ex militari e carabinieri, di operai e contadini, di uomini e donne.
    La Resistenza fu espressione della sete di nuova cultura, di nuova emancipazione dalla guerra e dalla povertà indotta dal regime; il partigiano di Fenoglio ha studiato, si è impegnato, non si è arreso al destino, ma ha voluto costruirsi il proprio destino. Così i nostri giovani della Banda Tom […]
    avv. Sergio Favretto, I fascisti fucilarono la Banda Tom. Una verità storica e identità per tutti, Casale Monferrato (AL), Teatro Municipale, 21 gennaio 2023