Circa svastiche e rune

[…] L’ariosofista Guido Von List ricreò una lista completa di segni Futhark (altresì chiamate rune), in cui ognuno di essi era associato ad una spiegazione dei poteri magici. Von List ispirò i circoli esoterici germanici, nei quali crebbe la ricerca sia dei molteplici significati delle rune in relazione alla natura e all’universo, sia delle loro interpretazioni taumaturgiche. Alla fine della prima guerra mondiale, lo shock politico e sociale collettivo favorì un incremento di associazioni in cui si sviluppava il culto runico. Karl Maria Wiligut concentrò le sue attenzioni sulla respirazione come metodo per giungere alla meditazione runica, mentre altri circoli, come l’Associazione degli Ariani Invisibili, invitavano gli adepti ad assumere le sembianze di tali simboli con il proprio corpo. […] Il Totenkopfring o anello Testa di Morto, contiene al proprio interno i maggiori simboli SS e ne rappresenta l’essenza esoterica. Il Totenkopfring, come descritto dal Reichsführer SS Himmler nel documento allegato è il simbolo di lealtà verso il Führer, dell’obbedienza ai superiori, del dovere e del sostegno ai camerati (come esemplificato anche dal noto motto SS Mein Heure heißt Treue). L’anello non poteva essere acquistato, né venduto, né imitato e doveva tornare al Comando SS in caso di abbandono o di morte.

L’anello Testa di Morto trae il suo nome dal teschio raffigurato, che potrebbe essere facilmente interpretato come una cruda novità introdotta dalle sanguinarie SS ma, in realtà, tale simbolo era stato dipinto sui caschi delle élites dell’esercito Prussiano, dei Reggimenti Hussards dell’800. Hitler, a partire dal 1923, riprese tali teschi, frequenti anche durante la prima guerra mondiale. La Testa di Morto era inizialmente disegnata senza mascella, poi per distinguersi dalle Truppe blindate dell’Esercito, le SS aggiunsero la mascella alla loro rappresentazione. 19 Ma il vero simbolo delle Schutzstaffel è una runa, il segno, Sig, ripetuto due volte:
Il Sig o Sieg o Sonne o Sowulo (suono S, numero 11) significa potere del sole e, dunque, vittoria, successo personale e sorte propizia in generale. La sua storia all’interno delle SS è piuttosto curiosa: l’inventore del logo delle SA, il Capitano SS Walter Heck era impiegato come grafico in un’azienda manifatturiera di emblemi militari a Bonn. Un giorno, per puro caso, accostò due delle Sig destinate per il logo delle Sturm Abteilungen e ne derivò un’incredibile assonanza con le SS a cui apparteneva. Da quel momento in avanti, le SS utilizzarono tale disegno come loro segno distintivo. Curiosità: la Sonne in orizzontale venne ripresa dal movimento di estrema destra italiano degli anni 70 Terza Posizione. Il Sig, tuttavia, non è che un braccio di una runa fondamentale per il nazismo intero: il Gibor, altrimenti chiamato Svastica (suono G, numero 18). Il Gibor o Gebo o Gabe può essere anche scritto come la lettera X dell’alfabeto greco e significa Dono della Vita. Per questo motivo simbolizza sia il donatore sia la vita donata secondo l’interpretazione di List. Inoltre, è l’emblema della coscienza cosmica e del principio divino. La Svastica venne adottata nel 1920 ma il suo utilizzo nel mondo occulto si era già sparsi in tutta l’Europa alla fine del XIX secolo. Questo segno dotato di una forza innovativa e potente aveva ammaliato i popoli ancora traumatizzati dalla Rivoluzione industriale. Questo grande cambiamento aveva provocato l’attesa positivista che un nuovo mondo sarebbe arrivato e avrebbe comportato per prima cosa il declino del potere dei proprietari di terre. La democrazia era vista come una minaccia all’ordine gerarchico dell’ancien régime, interpretato da alcuni come equilibrio tra stabilità, bellezza e religione. Allora, in pieno 1800, i viaggiatori cominciarono a esplorare il Tibet, antico reame, per ritrovare una saggezza più profonda e spirituale. Tra essi, Madame Blavatsky che individua nella Svastica il settimo gradino del cammino verso la luce dello spirito. La Svastica diviene l’immagine di Agai, Dio tibetano del sole, della luce, del fuoco e della creazione e raccoglie l’intera razza ariana in un unico principio: il Triumph des Willens. La forza dell’identificazione del popolo tedesco in questo λόγος nazista è reificata nelle immagini cinematografiche del Reichsparteitag di Norimberga dirette da Leni Riefenstahl: il 10 settembre 1934 durante il raduno più di 22000 svastiche furono esposte. <20
L’ultimo simbolo presente nel Totenkopfring è il più esoterico. La runa Hagal o Hagalaz o Hagel (suono h, numero 7) significa fiocco di neve e può essere disegnata con sei o con otto raggi. Per via della sua forma, è reputata come la madre di tutte le rune, una rappresentazione grafica del rapporto micro e macrocosmo, dunque dal livello più semplice per arrivare al Sistema Solare intero. E’ considerata come il simbolo di Venere e manifesta una chiusura verso l’esterno ma con un grande potenziale di crescita al proprio interno. Essa è davvero come una mamma che protegge il suo piccolo (in questo caso il mondo magico) dal mondo visibile esterno che lo circonda. Era d’uso frequente soprattutto nelle cerimonie dei matrimoni SS.
Tra gli obiettivi più ambiziosi del nazismo e soprattutto del Reichsführer SS Himmler, vi era la sostituzione della religione cristiana, che proveniva dal Medio Oriente, con gli antichi culti germanici. Pur evitando un’opposizione palese e frontale con il Cristianesimo, le famiglie SS che abbandonavano la fede cattolica (che, tuttavia, venne mantenuta dal 20% dei membri delle SS) o protestante e abbracciavano i rituali pagani, venivano incoraggiate e istruite dallo Stato Maggiore personale di Himmler e dall’Ahnenerbe.
Queste istituzioni naziste impartivano le regole generali di condotta della quotidianità SS. Le famiglie ariane incominciarono a rispettare soprattutto le festività nel calendario SS e si riunivano duranti tali occasioni. La prima festa era celebrata durante il periodo natalizio e cominciava il 6 dicembre per poi culminare tra il 21 e il 24 dicembre ed era denominata Jul Fest o Weihnachtfest. Durante le cerimonie, nei salotti venivano esposte tante corone dell’Avvento o di Jule, composte di piccoli ramoscelli raccolti da tutti i componenti delle famiglie nei boschi dei dintorni, e una ruota di carro composta a sua volta di legno laccato rosso o marrone scuro, che raffigurava una runa Hagal. Tali simboli erano accompagnati da preghiere, la cui funzione era quella di sostenere il sole nella sua fase più complessa, più buia, affinché ritornasse a splendere con maggiore forza. Il 16 dicembre, inoltre, veniva festeggiata la divinità Wotan/ Odino e per commemorarla si mettevano in mostra il servizio di piatti Jule, composti di ceramica con una runa disegnata al centro. I piatti più belli erano prodotti dall’officina SS di Allach e la runa più specifica per questa occasione era la runa Man. Un’ulteriore usanza associata alla Jul Fest era l’accensione di una lampada speciale raffigurante un cuore e la runa Hagal, la Jullechter, che Himmler promosse e sponsorizzò donandone centinaia di modelli alle famiglie a lui più care accompagnandole da una lettera che ne autentificava l’originalità:
“Il Reichsführer delle SS Berlino, festa du Jule 1943
Ai miei Camerati!
Vi concedo questo Julleuchter. E’ stato creato secondo il tradizionale stile del nostro popolo. La sua luce deve ardere durante la notte del nuovo anno, che per noi cade nella notte del 31 dicembre, fino al primo gennaio.
Una candela piccola dovrà bruciare come simbolo della fine dell’anno nelle sue ultime ore.
Una candela più grande illuminerà i primi momenti dell’anno nuovo.
C’è una profonda saggezza in queste usanze.
Possa ogni SS guardare la piccola luce spegnersi con un cuore puro, e accendere la luce del nuovo anno con rinnovato vigore.
Questo è quello che desidero per voi, per oggi e per il futuro.
Heil Hitler!
Heinrich Himmler” <21
In primavera, quando il sole raggiungeva l’oriente perfettamente, si festeggiava l’Ostara Fest. Ogni famiglia SS doveva adeguarsi alla rinascita della natura, rinnovando la parte della casa che raccoglieva i simboli più importanti di appartenenza alle Schutzstaffel. Come durante la pasqua cristiana, si dava valore a uova colorate o di cioccolato, che venivano poste dentro i piatti Jule. Come ulteriore rito propiziatorio, si procedeva a spingere giù da una collina una ruota in legno infiammata, la Osterfeuerräder.
In maggio, c’era la festa del lavoro e della terra, la Maien Zeit, in cui le SS dovevano trascorrere molto tempo all’aperto in compagnia di altre famiglie SS. Venivano allestite cerimonie danzanti sul prato a cui le ragazze partecipavano vestite di bianco e tra loro veniva eletta la più bella, la reginetta di Maggio. La natura poi entrava anche dentro le case, sotto forma di fiori raccolti nella campagna. Maggio, poi, era reputato il mese propizio per sposarsi.
Un membro delle SS, prima di sposarsi, doveva seguire delle regole molto rigide, concepite per la continuazione della razza pura ariana. Un reparto specializzato, il Servizio Razziale, esaminava le fidanzate, con un’analisi che comprendeva variabili come la salute della ragazza e dei suoi genitori (con certificati medici), garanzie del suo valore e della sua morale, svariati documenti della polizia e, infine, l’elenco di tutti gli antenati fino al 1750. <22 Nonostante una procedura così complicata, le SS venivano incoraggiate a sposarsi prima dei 26 anni e a mettere su famiglia in campagna. Il matrimonio tra ariani era visto come le fondamenta della società totalitaria e, dunque, veniva sostenuto anche con finanziamenti economici. La cerimonia veniva officiata sia da un giudice sia da un funzionario delle SS. Il banchetto nuziale aveva luogo di norma nella futura dimora della coppia, che per l’occasione era abbellito di piante e fiori. Durante il pasto la sposa veniva accettata dal gruppo delle SS presenti e adottava come precetto di vita “Il nostro onore si chiama fedeltà”. Il significato di questa frase, il ruolo fondamentale della famiglia e la necessità di contribuire alla procreazione di una razza superiore venivano spiegati da un amico SS, scelto dallo sposo e seduto innanzi alla coppia (una sorta di discorso del testimone dello sposo). L’amico accettava ufficialmente la sposa e le regalava un libro o un quadro e invitava la coppia a condurre una vita austera e non superficiale, donando simbolicamente un piatto in legno contenente pane e sale e due boccali in terracotta. Il monito per gli sposi era di alimentare giorno per giorno il proprio amore e di risolvere gli inevitabili contrasti con lo stile SS, cioè con sincerità e chiarezza. Dopo il Sieg Heil! conclusivo della cerimonia, cominciavano le danze e la musica.
Continuando con la descrizione delle festività, dopo la primavera, giunge l’estate e il giorno in cui il sole era più alto nel cielo, si pensava che “questo momento è simbolico delle nostre azioni più virili per l’unità della famiglia e dell’esistenza stessa della nostra razza” <23. La Sommersonnewande veniva così celebrata da grandiose manifestazioni sia di giorno che di notte e il fuoco ne era protagonista a tal punto che gli uomini davanti a esso assumevano la posizione della runa Man. Era il giorno migliore per ricaricarsi di buona fortuna prima di dover affrontare i giorni più bui e tristi.
Ma l’ultima occasione per festeggiare con irrazionalità e spensieratezza prima dell’autunno e dell’inverno era la raccolta del grano. L’Ernte Fest portava anche alla riflessione e al ringraziamento per gli antenati che avevano concesso, con i loro progressi tecnologici, una buona prosperità al popolo germanico.
Infine, durante il mese di novembre, la riflessione si acuiva e il ricordo dei progenitori deceduti diveniva più forte. Le SS tiravano fuori dai cassetti foto, quadri e raffigurazioni e raccontavano dei parenti non più in vita ai vicini di casa e agli amici. Tutto ciò avveniva senza sconforto o eccessiva malinconia, perché nella natura a ogni lutto si riteneva corrispondesse una nascita. Inoltre, per festeggiare il Putsch di Monaco (9 novembre) e l’armistizio dell’11 novembre, illuminavano la lampada Jule a commemorare i familiari e i militari morti per la patria.
E’ opportuno sottolineare, inoltre, che tutta la quotidianità delle famiglie SS era suggestionata dalla ripresa pedissequa dei nomi germanici dei giorni e dei mesi. A ogni giorno della settimana veniva, per di più, associata una divinità della mitologia nordica: la settimana cominciava con Soldag giorno della divinità Baldur; poi continuava con Manidag della divinità Mani; Tyrsdag a cui corrispondeva Tyr; Wotansdag in onore di Wotan; Donarsdag per celebrare Thor; Freyjasdag associato a Freyja e per finire Laugardag del dio Loki. Per quel che concerne i mesi dell’anno, fondamentale era il rispetto del calendario germanico, come è stato evidenziato nella descrizione delle festività. Karl Maria Wiligut aveva scritto nel 1937 un poema su questa tematica e l’aveva donato in occasione del solstizio d’inverno a svariati membri delle SS, tra cui Himmler. Wiligut lo compose con una lingua pseudo gotica di sua invenzione, probabilmente sotto l’effetto di droghe allucinogene. Weisthor deduceva che i Goti fossero l’autentico popolo eletto da Dio, di cui conservavano il nome Göt. Nella semplice poesia, l’ariosofista ricordava i valori rurali del ciclo delle stagioni e vi parlava di amore e di gioventù. Ogni mese era caratterizzata da una sua strofa, con particolare accento su Maggio e Agosto. I mesi venivano pertanto nominati in germanico ed erano: Hartung, Hornung, Lenzing, Ostermond, Wonnemond, Brachmond, Heumond, Ernting, Scheiding, Gilbhart, Nebelung e Julmond. <24
[NOTE]
19 M. ZAGNI, La Svastica e la Runa. Cultura ed esoterismo nelle SS Ahnenerbe, Ugo Mursia, Milano, 2011, p.133.
20 L. RIEFENSTAHL: Triumph des Willens, 1935, distribuito da Universum Film AG.
21 F. WEITZEL, Las Ceremonias de la Orden SS, Ed. Hispanoamericanas, Buenos Aires 2001, pp 25 e 38 in M. ZAGNI, op. cit., p. 163.
22Documento n.1992- A-PS, Nazi Conspiracy and Aggression Red Series, vol IV, U.S. Government Printing Office, Washington DC 1946, pp. 616-534 in Ivi, p. 51.
23 C. BARGER, The SS family, Ulrich Publishing, Surrey 1998, p.46 in M. ZAGNI, in Ivi, p. 154
24 K. WILIGUT, Gotos Kalanda, 1937 in Ivi, p. 268.
Margherita Saltini, Il nazismo come religione esoterica, Tesi di Laurea, LUISS Guido Carli, Anno Accademico 2011/2012